La cetera capovolta raffigurata nello scomparto superiore dell’armadio immortala uno dei più particolari esemplari degli strumenti ‘rarissimi ed eccellenti’ di Federico da Montefeltro ricordati dal suo biografo Vespasiano da Bisticci, documentato esclusivamente da questa tarsia.
L’accostamento della cetera alla clessidra, all’archipendolo e al compasso, allude al concetto di musica come teoria delle proporzioni che è alla base di tutte le dimensioni misurabili: geometriche , astronomiche e temporali, visualizzando dunque il concetto (alla base della decorazione stessa dello Studiolo) della ‘Musica’ come fondamento della realtà, in tutte le sue dimensioni visibili e invisibili.
La cetera intarsiata presenta una cassa poco profonda, dotata di una rosetta e di un ponticello staccato dalla tavola armonica; 9 corde metalliche (da pizzicare con un plettro) con attacco all’estremità inferiore della cassa, tastiera a gradini e piroli infissi nel cavigliere. Le caratteristiche salienti di questo strumento sono: il grosso gancio uncinato, i sei tasti della tastiera a forma di scala minuziosamente rese dalla tarsia e soprattutto le due ‘alucce’ che sporgono ai lati del manico. Secondo Emanuel Winternitz, che per primo segnalò l’interesse musicale delle tarsie dello Studiolo di Gubbio, in questa cetera, frutto dell’arte liutaria di fine Quattrocento, rivive l’antica lira, le cui ‘braccia’, rimpicciolite e quasi atrofizzate, sono evocate proprio dal dettaglio privo di funzioni sonore, ma altamente evocativo, delle ‘alucce’.